L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli: un tentativo di riorganizzazione della cultura


gerardo marotta

Per omaggiare la memoria e l’opera di Gerardo Marotta riproponiamo un testo di Nicola Capone apparso sulla rivista «Il Ponte» nel novembre 2012 (Anno LXVIII, 11)

Nel secondo Novecento, dopo una lunga interruzione provocata da due micidiali guerre mondiali, riprese vita a Napoli la secolare tradizione delle libere Accademie con la fondazione, a distanza di trentanni luno dallaltro, di due prestigiosi Istituti di alta cultura, come tentativo di riorganizzare la ricerca dinanzi alle contraddizioni scaturite dalla tendenza tecnologica ed economicista imperante, allora come oggi, nella sfera culturale e in quella politica. Nacquero così l’Istituto Italiano per gli Studi Storici, fondato nel 1947 da Benedetto Croce e Raffaele Mattioli, e lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, fondato nel 1975 da Giovanni Pugliese Carratelli, Enrico Cerulli, Elena Croce, Gerardo Marotta e Pietro Piovani.

Queste moderne Accademie presero il nome di Istitutoperché con la Rivoluzione francese il termine sostituì quello di Accademia, da cui i rivoluzionari vollero prendere le distanze per dare un segno di discontinuità con le istituzioni che si erano compromesse con lAncien Régime [1].

Per quanto concerne lIstituto Italiano per gli Studi Storici, occorre ricordare che, nellimmediato secondo dopoguerra, la distruzione delle città italiane, lannichilimento dello Stato e una profonda crisi dellinsegnamento universitario e di tutto il sistema scolastico fecero temere unirreversibile decadenza del processo di formazione della classe dirigente nelle province meridionali. Mosso da queste preoccupazioni, un generoso uomo di cultura venne in visita da Milano nella casa di Benedetto Croce per proporre la creazione di un istituto di alti studi per la formazione culturale delle nuove generazioni. Quellalta personalità era labruzzese Raffaele Mattioli, un banchiere ammirato in tutta Europa che riuscì a riunire diversi istituti bancari per la creazione di unistituzione di eccellenza e di grande prestigio. Benedetto Croce, nel Taccuino del 1944, in data 29 agosto, così descrive levento: «È venuto il Mattioli, col quale ho preso gli accordi per la fondazione dellIstituto di teoria della politica e di storia, in Napoli». Le finalità sono limpidamente delineate nel discorso inaugurale di Croce, pronunziato il 16 febbraio 1947 e intitolato Il concetto moderno della storia: «C’è nella vita dei giovani un momento in cui alla dispiegata vocazione, che si esprime nella scelta non estrinseca di un tema di studio, non corrisponde la consapevolezza piena e matura dellassunto, che si ottiene nel raccoglimento, che oggi l’Università […] difficilmente concede. In particolar modo ne soffrono le discipline storiche, che debbono essere bensì legate alla filologia ma a una filologia vichianamente intesa, che abbisognano dellafflato dei grandi interessi umani e che non possono vivere staccate da quei valori che solo la filosofia sa distinguere e definire […]. D’onde il costituirsi, a integrazione dellinsegnamento universitario e per opera di insegnanti che in gran parte all’Università appartengono, di questo che si denomina Istituto Italiano per gli Studi Storici».

Giovanni Pugliese Carratelli, ripercorrendo la storia di questa istituzione, ricorda che non solo il progresso degli studi storici era oggetto delle riflessioni di Croce, ma anche «la necessità di contribuire alla formazione di una nuova classe dirigente dotata di una preparazione politica seria, quale non poteva trovarsi in una gioventù cresciuta in un avvilente clima di oppressione, di negazione di ogni dibattito di idee e di forzosa educazione al conformismo o allinfingimento. Liniziale formulazione del titolo dellIstituto, di teoria della politica e di storia’, è indice dellimportanza che Benedetto Croce già attribuiva agli studi dei giovani e alla loro cultura politica quando, per alto sentimento di dovere civile, dedicava in età avanzata il suo sapere e la sua esperienza al primario còmpito di restituire allItalia la dignità di nazione libera e maestra di libertà, quale essa era stata negli anni del suo Risorgimento» [2].

A circa un trentennio dalla nascita della fondazione promossa da Benedetto Croce, Gerardo Marotta avvertiva che del binomio vichiano verum-factum, filosofia-filologia, il polo debole era diventato proprio quello del pensiero speculativo. Mosso da questa convinzione, su insistenza di Enrico Cerulli, presidente dellAccademia dei Lincei senza la copertura economica delle banche, come fu invece nel caso di Raffaele Mattioli e di Benedetto Croce fondò nel 1975 lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici.

Formatosi nel clima di rinascita culturale che investì Napoli nellimmediato dopoguerra, favorito dal confronto diretto con figure quali Benedetto Croce, Renato Caccioppoli e il giovane Guido Piegari fondatore e ispiratore di gruppi di studio, veri e propri vivai di intelligenza collettiva in lui dovettero a lungo risuonare le parole di Adolfo Omodeo che nel 1943, in qualità di Rettore dell’Università appena liberata dai nazifascisti, esortava in questo modo gli studenti: «il problema delleducazione e della formazione è urgentissimo, forse più urgente delle case da riedificare: si tratta di facilitare il sorgere di una generazione migliore della nostra e di avvezzarla a un più elevato costume».

Egli fu mecenate e artefice della sua opera, che prese forma progressivamente partendo da una biblioteca da lui creata in circa ventanni di studi e ricerche. «Luogo dincontro per gli studiosi, scuola di perfezionamento, centro di ricerca e officina editoriale ricorda Marc Fumarolì, Accademico di Francia, la figlia di Benedetto Croce, Elena, essa stessa brillante scrittrice, una delle figure più luminose fra gli intellettuali italiani del dopoguerra, sostenne immediatamente liniziativa dellavvocato Marotta. Non vide nessuna concorrenza con lIstituto Croce, che aveva sede a Napoli nella casa del padre, dove borsisti e cittadini frequentano la biblioteca del grande filosofo scomparso».

In pochi anni lIstituto divenne un crocevia della cultura europeaalla cui vita hanno preso parte decine di migliaia di docenti e ricercatori delle varie discipline filosofiche, artistiche, storiche, scientifiche. Reagendo al carattere monologicodel sapere e alla crescente specializzazione degli ambiti di ricerca, lIstituto ha rappresentato un tentativo uno dei pochi al mondo di costituire unAccademia di carattere internazionale, che da un lato avesse al suo centro lattività seminariale e linterdisciplinarità della conoscenza, per studiare e promuovere i problemi della cultura e della civiltà coinvolgendo le diverse Accademie dei singoli Stati [3], e che dallaltro si espandesse a raggiera con scuole di alta formazione in tutto il territorio nazionale e, particolarmente, nel Mezzogiorno dItalia.

Con questa impostazione innovativa, nel 1980 lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici diede vita alla Scuola di Studi Superiori in Napoli, diretta da Tullio Gregory, per offrire ai giovani la possibilità di avviarsi ad una attività di studi e di ricerca, una volta conclusi gli studi universitari: Charles Schmitt, Robert Shakleton, Yvon Belaval, Paul Ricoeur, Otto Pöggeler, Dieter Henrich e moltissimi altri maestri hanno incontrato nei loro corsi di lezioni i giovani più promettenti, laureati presso le varie università italiane.

Nel campo delle scienze, lIstituto si è adoperato per dare un contributo al riavvicinamento fra la cultura filosofico-umanistica e quella scientifica, con seminari di fisica e di biologia a cui hanno dato il loro contributo numerosi premi Nobel: da Rita Levi Montalcini a Carlo Rubbia, da Steven Weinberg a Sheldon Glashow, da Marx Perutz a Ilya Prigogine e diversi centri di ricerca quali il CERN di Ginevra, gli istituti del CNR, il Laboratorio di Genetica e Biofisica e la Stazione Zoologica “Anton Dhorn” di Napoli, lOsservatorio Vesuviano, lOsservatorio Astronomico di Capodimonte, e numerose università.

La rete internazionale di docenti e ricercatori creata nellarco di un quindicennio ha permesso lorganizzazione di seminari presso università e centri di ricerca di tutto il mondo, per studenti italiani e stranieri: al Warburg Institute di Londra, allÉcole Pratique des Hautes Études di Parigi, alle università di Cambridge, Warwick, Rotterdam, Austin, Monaco, Francoforte, Amburgo, Tubinga, Erlangen, Bielefeld, Mosca, Salonicco, del Sinai e in molte altre località, dal Sud America (Messico, Venezuela, Brasile) allAsia (Cina, Giappone) alla Russia [4]. Da questo scambio costante con altre istituzioni culturali e dal confronto fra ricercatori di diversa formazione sono sorte, sul modello della Scuola di Studi Superiori in Napoli, le Scuole di Venezia, Torino e infine quella di Heidelberg, che mira a costituire un punto di riferimento per la cultura filosofica tedesca ed europea.

La specificità dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici è consistita nellaver posto, accanto allattività di ricerca e di formazione, quella seminariale, unattività in cui, come dice il nome, si gettano dei semi destinati a germogliare su un comune terreno spirituale. Il seminario” è già di per sé un momento importante della ricerca: il docente vi reca gli esiti, spesso anche provvisori e suscettibili di discussione e rettifica, delle sue analisi; i borsisti ammessi alla frequenza del seminario svolgono ricerche simili o in qualche modo collegate a quelle del docente, dalla cui esposizione e dalla cui esperienza si attendono ulteriori suggerimenti, indicazioni, stimoli. La conclusione della parte espositiva del seminario è sempre occasione di confronto tra il docente e gli allievi del corso: luno e gli altri dibattono gli argomenti trattati; si incrociano le richieste di chiarimenti e di consigli, di approfondimento e di riconsiderazione. Docenti e allievi restano in contatto e continuano a dialogare a distanza anche dopo la fine del corso.

Questo carattere seminariale, insieme alla varietà degli ambiti di ricerca proposti agli studiosi da maestri provenienti da ogni parte e alla sua vocazione internazionale, è, potremmo dire, lemblema di questa Accademia, che la differenzia da altre prestigiose istituzioni culturali quali, per esempio, il Warburg Institute e lInstitute for Advanced Study di Princeton.

Il primo, come lIstituto napoletano, fu creato intorno ad una biblioteca, che il fondatore Aby Warburg [5] intitolò Biblioteca della scienza della cultura. Questo, però, fu concepito per la ricerca pura senza rapporto con progetti formativi o didattici. E anche quando nel 1934 dopo essere stato esiliatoin Inghilterra, a causa dellavvento del nazismo in Germania al Warburg Institute si incominciarono a tenere corsi e a rilasciare titoli, lo si fece a nome dell’università che, nel frattempo, visti gli esigui fondi destinati al prestigioso Istituto, aveva finito per assorbirlo.

La medesima idea di ricerca pura stava alla base dellInstitute for Advanced Study di Princeton, fondato nel 1930 da Abraham Flexner, un importante intellettuale, che scrisse nel 1937 un saggio intitolato The usefulness of useless knowledge, sullUtilità della non utilità della conoscenza, centrato sullidea che le grandi scoperte nella storia dellumanità siano state sempre il risultato della pura curiosità. Anche qui non c’è insegnamento: con la vicina Università di Princeton fu stabilita una convenzione solo per consentire agli studiosi dellInstitute di frequentarne la biblioteca. Del resto, il nome stesso Institute for Advanced Study è perfettamente espressivo dellidea che sta a fondamento di questo tipo di istituzione: un centro di ricerca pura volutamente non costruito intorno a un elemento disciplinare.

Dunque, come testimonia Irving Lavin [6], il tratto caratteristico dellAccademia napoletana è che, a differenza degli altri istituti di eccellenza, «si seguono seminari, che però sono molto diversi dai seminari universitari in quanto i professori che vengono illustrano i risultati non ancora pubblicati delle proprie ricerche, come è necessario per educare i giovani, invece di tenere corsi universitari riassuntivi di un sapere già acquisito. [] Andando ad Oxford, a Londra, a Parigi, negli Stati Uniti, difficilmente si avrà la possibilità d’incontrare, in un solo anno accademico, un insieme di docenti delle varie discipline di pari livello. LIstituto è come un’università, ma non esiste in nessun luogo una sola università che possa vantare un tale corpo docenti».

Dal 1993 in poi, accanto ai seminari internazionali e alle Scuole di studi superiori, furono create nel Mezzogiorno dItalia centinaia di Scuole di Alta formazione in cui tennero lezione, tra gli altri, alcuni di quei ricercatori che avevano animato la rete internazionale di ricerca promossa dallIstituto. Lo scopo non era solo quello di collegare le province meridionali col resto dEuropa e del mondo, ma soprattutto vivificare fra i giovani e gli studiosi la coscienza che dalla tradizione culturale della Magna Grecia e dellUmanesimo meridionale scaturivano la cultura e la civiltà occidentale. A tal proposito, sovente, nei discorsi tenuti da Hans Georg Gadamer nelle diverse Scuole di alta formazione del Mezzogiorno dItalia, riecheggiava laffermazione che persino Atene, luminoso esempio di civiltà, maturò tardi rispetto alla Magna Grecia del VI secolo a.C. e alle sue scuole di filosofia.

Per questattività specifica, nel 2004, durante una solenne seduta nella sede dellAccademia dei Lincei, alla presenza del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, lIstituto ricevette un pieno riconoscimento da parte del ministero dellEconomia, che, nel rapporto del suo Direttore Generale, professor Fabrizio Barca, giudicò le Scuole di Alta Formazione «di grande efficacia».

Da testimone diretto di quellimmenso tentativo di organizzare, nel Mezzogiorno dItalia, una rete di centri di studio e di ricerca, organizzati come vere e proprie scuole di formazione, posso affermare che solo chi non ha conosciuto la miseria morale e intellettuale della provincia italiana, il vecchiume e larretratezza delle classi dirigenti, la sciatteria e la volgarità della borghesia delle professioni, ostinata nel perseguire il suo meschino interesse particolare, non può capire cosa rappresentarono quelle Scuole di formazione per le giovani generazioni, desiderose di riscattarsi dallangustia del loro mondo e di aprirsi ai vasti orizzonti del mondo della scienza, della ricerca e dellimpegno civile.

Jacques Derrida, dell’Ècole des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, commentando questopera titanica, scrive: «Non conosco al mondo, oggi, un progetto analogo, e altrettanto esemplare, attuato con tanta dolce ostinazione, con un tal genio dellospitalità. In nessun altro posto, in nessunaltra istituzione, ho trovato maggiore apertura e maggiore tolleranza, una così vigile attenzione nel tener presente contemporaneamente la tradizione culturale e le occasioni dellavvenire». Anche lUNESCO ha riconosciuto lenorme valore dellattività svolta da questa prestigiosa Accademia: nel Rapporto sullo stato della filosofia in Europa, del 1993, a cura di Raymond Klibansky e David Pears, si afferma che «l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha conquistato una dimensione che non trova termini di paragone nel mondo».

Nonostante una simile attività, così ampiamente e internazionalmente riconosciuta, lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, che per i primi ventanni è stato sostenuto esclusivamente dal patrimonio personale dellavvocato Marotta, negli ultimi quindici anni vive in un regime di embargoa causa dei tagli ingiustificati dei fondi pubblici. Il permanere di un tale stato di cose, col tempo, sta compromettendo la stessa attività di ricerca e formazione, perché si è costretti a rinunciare a quei compiti che sono propri di unistituzione culturale che, negli anni e per vocazione, ha assunto carattere internazionale e funzione di coordinamento fra vari ambiti disciplinari.

È questa la conseguenza dellopera di forze retrive che impediscono nel Paese qualsiasi trasformazione, anche la più insignificante: dallimmobilismo e dal “non-si-potismo”, che essi stessi instillano nella coscienza civile dei cittadini, ricavano la giustificazione per larbitrio delle loro azioni, le argomentazioni per il loro ostinato permanere al potere, gli strumenti per spegnere ogni anelito di azione e pensiero critico. Queste forze sono endemiche nella nostra storia, hanno in essa le loro radici, si sono forgiate durante sei secoli di servilismo e miseria. E ciò è ancora più vero per la storia del Mezzogiorno dItalia in cui, come sostiene Gerardo Marotta, è ancora pesante, anzi pesantissima, leredità del moto controrivoluzionario che spense nel sangue la Repubblica napoletana del 1799, col massacro di unintera classe dirigente, composta dai migliori ingegni di quel tempo, e loppressione di quella parte sana del popolo meridionale che tentò di riscattarsi da secoli di servitù.

L’elemento controrivoluzionario è uno dei caratteri ereditari dominanti del nostro processo storico ed è con questo dato che si scontra ogni sforzo di trasformazione dello stato di cose presente che costantemente tende ad incancrenirsi in forme arcaiche di vita civile. È all’interno di questo campo di forze che bisognerà cercare di salvare la libertà della cultura, dellarte e della scienza che è il fondamento della nostra Costituzione repubblicana e democratica. Con larticolo 33 i padri costituenti riconobbero lalto valore culturale, scientifico e civile delle Accademie e degli istituti di alta cultura: «Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, – è scritto hanno diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato». Purtroppo i governi che si sono succeduti nelloltre mezzo secolo di vita della nostra Repubblica non hanno ancora provveduto ad abbozzare una legge sulle Accademie così come previsto dalla Costituzione. Le Accademie e gli Istituti di alta cultura, oggi, riescono a stento a svolgere i compiti che gli sono propri, essendo costretti a regolarsi su provvedimenti occasionali, scoordinati e poco efficaci che li privano dei finanziamenti adeguati per poter ideare unattività di ricerca e programmazione culturale duratura e di ampio respiro.

«Sarebbe imperdonabile colpa dichiarava Concetto Marchesi nel dibattito allAssemblea Costituente sulla libertà della cultura far perire o deperire i centri di studio meglio avviati e corredati per somministrare inutili boccate di ossigeno a istituti che non hanno possibilità di sostenersi. Dobbiamo resistere a questa snervante e pigra tentazione delle elemosine disordinate. La scienza non può vivere di elemosine accattate mese per mese». Sarebbe unimperdonabile colpa, dunque, non promuovere al più presto una legge che garantisca alle libere accademie italiane di continuare a esercitare nel nostro Paese la loro funzione civilizzatrice, nella speranza che lantica tradizione culturale in esse custodita riesca a farsi vita civile, costume, Stato.

Contestualmente va radicalmente ripensata lorganizzazione della cultura nella direzione della creazione di una rete internazionale di centri di ricerca e formazione emancipata dalle antiche strutture e coordinata in nome dellunità della conoscenza. Questo nuovo sistema organizzativo, come già immaginava Mitterrand, potrebbe essere realizzato «a partire dai poli più prestigiosi, destinati ad intensificare gli scambi tra Università, laboratori, scuole di specializzazione, istituti» [7]. La creazione di centri in cui si possa svolgere un paziente e intenso lavoro indirizzato alla felicità dei popolie allo sviluppo delle capacità di ogni uomo, tale da permettergli di adempiere liberamente ai propri doveri sociali, è un compito gravoso ma necessario e urgente per porre a fondamento della convivenza civile una cultura libera da dogmatismi e idee precostituite, allinsegna di una solidarietà che sia garanzia di pace.

Nicola Capone

Note

[1] Dopo la Rivoluzione francese, quasi ovunque in Europa, il termine di Accademiafu sostituito con quello diIstituto, di ispirazione repubblicana. Le accademie dellAncien Régime furono messe sotto accusa dai rivoluzionari per la loro oggettiva alleanza con la monarchia che le aveva create e a cui erano tenute a rendere omaggio ogni anno. Per questo, furono qualificate come scuole di servilismo e di menzogna. Di qui la previsione, nei progetti di Mirabeuau, (presentato da Lakanal nellaprile del 1791), di Talleyrand (settembre 1791) e Condorcet (aprile 1792) di una struttura che coronasse il nuovo sistema di formazione francese. Mirabeuau propose di denominare la nuova istituzione Académie nationale”, Talleyrand “Institut Nationale Condorcet Sociétè nationale des sciences et des arts. Dopo un acceso dibattito, il 5 fruttidoro anno II (22 agosto 1795), allarticolo 298, la Costituzione dellanno III creava lInstitut nationale optando per la proposta di Talleyrand. «Nella lessicologia dellepoca, il termine di Institutpresentava connotazioni diverse. Alludeva, infatti, al concetto di stabilità (Dizionario dell Académiefrançaise del 1684), a quello di comunità (segnatamente alla comunità religiosa, nelle definizioni anteriori al 1786 e posteriori al 1798). Il termine era inoltre impiegato nei progetti legislativi di pubblica istruzione, presumibilmente con riferimento alle strutture di altri paesi, dove anticamente designava stabilimenti votati allinsegnamento. La scelta del termine di Institut s’imponeva inoltre anche in un senso negativo: si sarebbe infatti connotato di accenti provocatori un ritorno alla parola di Accademiaquando, in realtà, si intendeva sottolneare una rottura rispetto a questultima» (Cfr. Sophie-Anne Leterrier, Dalle Accademie allIstituto. Lesempio delle scienze morali e politiche). 

Nonostante la necessità di una frattura lessicale e politica con le accademie di Ancien Régime l’Institut venne posto dallarticolo 25 del decreto di fondazione in continuità con queste. Avrebbe dovuto riunire al suo interno i più dotti e rinomati fra gli uomini di scienza, i quali avrebbero dovuto stimolare lemulazione tra i loro discepoli, mentre la formazione di questi ultimi sarebbe stata demandata alla Scuola Normale. Lo spirito dellInstitut era, dunque, nuovo anche se la sua opera era in continuità con le accademie prerivoluzionarie. È questa la ragione dellattuale compresenza dei sinonimi Istituto”, “Società” e “Accademiaper indicare la medesima istituzione.

[2] Discorso tenuto allAccademia Nazionale dei Lincei nel 2005 alla presenza del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, in Trent’anni dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli 2009.

[3] Del resto, innumerevoli sono le Università e gli enti stranieri che collaborano ormai da lungo tempo con lIstituto di Napoli; tra essi ricordiamo: Accademia Americana di Roma, Accademia delle Scienze Sociali di Pechino, Bayerische Akademie der Wissenschaften, Centres de Recherches Révolutionnaires et Romantiques, Centre National de la Recherche Scientifique, Centro Europeo di Ricerche Nucleari, Centro International de Estudios sobre el Romanticismo Hispanico, Collége International de la Philosophie, École des Hautes Études en Sciences Sociales, École Normale Supérieure, Emiliana Pasca Noether Chair in Modern Italian History, ESA (European Space Agency), Feuerbach Internazionale Vereinigung, Thyssen Stiftung, Forum für Philosophie, Goethe Institut, Gottfried-Wilhelm-Leibniz-Gesellschaft, Herzog August Bibliothek, Institute for Vico Studies, International Astronomical Union, International Society for Science and Art, Internationale Gesellschaft System der Philosophie, Internationale Hegel-Vereinigung, Istituto Austriaco di Cultura, Istituto Svizzero di Cultura, Johann Gottlieb Fichte Gesellschaft, Maison des Sciences de lHomme, Netherlands Institute for Advanced Study (NIAS), Organizzazione Mondiale della Sanità, Parlamento Europeo, Platon-Archiv, Polska Akademia Nauk, Societas ad Studia de Hominis Condicione Colenda, Société Montesquieu, Spinoza-Gesellschaft, Stiftung Studia Humanitatis, Stiftung Weimarer Klassik, Tavistock Clinic, Unesco, Zentrum Philosophische Grundlagen der Wissenschaften.

[4] Cfr. La dimensione internazionale dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, a cura di Mariasole Fanuzzi e Antonio Gargano, Napoli 2010. Per i convegni e le serie di seminari internazionali organizzati, presso le Scuole estive di Alta Formazione dellIstituto e nellambito del programma di «didattica dei contenuti», che non vengono in questa sede elencati si possono consultare i volumi: Le Scuole di Alta Formazione dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici. Un progetto per il Mezzogiorno e per lItalia, a cura di Giuseppe Orsi e Aldo Tonini, nella sede dellIstituto, vol. I, Napoli 1997, vol. II, Napoli 2001, vol. III e IV, Napoli 2009. Per ulteriori informazioni sulle attività internazionali dellIstituto si rinvia ai volumi, tutti pubblicati nella sede dellIstituto”: L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e le scienze, 1975-1997 (1997); Per lEuropa, trentanni di attività dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, a cura di Vittorio De Cesare, prefazione di Ilya Prigogine (2003); L’attività internazionale dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, a cura di Antonio Gargano (2003); Pour lEurope. 30 ans dactivité de lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, in collaborazione con lUNESCO (2003); Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Lezioni di premi Nobel, a cura di Antonio Gargano (2005); Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Trentanni di presenza nel mondo (2005); Rapporto sulle attività dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici al Presidente e ai componenti dellUfficio di presidenza dell’ACRI (2006); The Italian Institute for Philosophical Studies 1975 -2005 (2006); L’Institut Italien pour les Études Philosophiques 1976-2005 (2006); Das Istituto Italiano per gli Studi Filosofici 1975-2005 (2006); Domenico Losurdo, A tradição filosófica napoletana e o Istituto Italiano para os Estudos Filosóficos (2006); Catalogo delle ricerche e delle pubblicazioni dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, 2 voll. (2007), 2a edizione (2010).

[5] Figlio di una famiglia di banchieri, Aby Warburg, si accordò con il fratello maggiore per rinunciare ai suoi diritti sulleredità e ricevere in cambio la facoltà di acquistare per tutta la vita qualsiasi libro volesse. Concepì la biblioteca in modo del tutto insolito e fedele a una nuova idea della storia della cultura, che può essere definita globale, poiché immaginava per la prima volta la cultura come unità del pensiero umano.

[6] Membro dellInstitute for Advanced Study di Princeton.

[7] Francois Mitterand, Discorsi sull’Europa (1982 – 1995), op. cit., p. 16.

image_pdfimage_print